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Festa Madonna di Loreto Peschici Gargano Puglia

 

 

Da oltre cent'anni, il lunedi` dopo Pasquetta, si festeggia in Peschici la Madonna di Loreto.
Di buon mattino le campane a festa annunciano la festivita` e, dopo la Santa Messa, i Santi Matteo, Rocco, Michele, Elia, e la Madonna di Loreto, preceduti dalle confraternite del Purgatorio e del Sacramento, sono portati in processione verso la chiesa, distante dal paese due chilometri.

Come e` nata questa festa? Ora vi racconto!
Nel secolo scorso, un cargo carico di pellegrini dalla Terra di Bari e diretti al Santuario di Loreto, si trovo`, all'improvviso, nel mezzo di una violenta tempesta, proprio davanti alle nostre coste.
Il capitano del cargo cercava un punto di approdo, ma il buio della tempesta e dell' ora tarda non glielo permettevano.
Continuo` il capitano a guardare in quell'oscurita`, quando vide in lontananza una piccola fiammella. Il capitano la fisso`, poi si rivolse al cielo pregando: "Qualunque santo tu sia, aiutaci! lo ti costruiro` una chiesa!".

Il cargo approdo` nella baia di Peschici. I pellegrini erano salvi.
Il mattino dopo, il capitano si mise alla ricerca di quel puntino luminoso e, seguendo il suo istinto di marinaio, arrivo` nella pineta, dove trovo` una grotta con dentro un eremita e i suoi pochi stracci; fuori, all'ingresso, un piccolo incavo con dentro una lampada a olio ed una immaginetta, stropicciata ed unta, della Madonna di Loreto.
Il capitano mantenne la promessa e fece costruire l'abside ed una meta` dell'unica navata.

Mancavano il loggione interno e il campanile, che furono completati nel 1892 dal parroco del paese don Michelantonio Piracci - di cui non si hanno notizie -, che, nella gioia di veder completata la sua amata chiesa, salto` entusiasta quei pochi gradini che separano l'abside dalla navata, ma cadde malamente e mori li`, in chiesa.

Se guardate bene nel cappellone (abside) si vedono navi in miniatura, chiesine di legno, quadri, trecce ed altro. Questi doni (qualche anno fa, molti di piu`) erano messi li` dai Peschiciani che emigravano nelle lontane Americhe o in Australia, in quelle terre da dove, forse, non sarebbero piu` tornati.
Quel dono stava ad invocare alla Madonna la sua benedizione ed era, per parenti ed amici, un segno della loro presenza.
In un angolo del cappellone si nota un remo con sopra incisa una data: 29 dicembre 1923. Il remo era parte integrante di un barcone che trasportava farina dalla Puglia alle Marche e proprio in quel giorno un violento temporale lo squarcio`.

I marinai, nelle fredde acque, si aggrapparono a quel remo e, nuotando a fatica, arrivarono alla spiaggetta della Cala. Molti Peschiciani, che avevano assistito a quei tristi momenti, accorsero giu` nella Cal' d'Mast'wustin' (cala di Mastro Agostino), portando indumenti asciutti e, poiche` tutti davano segni di assideramento, li accompagnarono al forno di Teresa e Michele Del Duca (i Stasci/l '), al cospetto della Casa Comunale, dove furono riscaldati e rifocillati.

Il remo della salvezza fu portato dagli stessi marinai nella chiesa della Madonna di Loreto, per grazia ricevuta.
Tat-tat (nonno), quando ero piccolo, mi raccontava che se a una giovane sposa tardava l'arrivo di un figlio, essa bussava alla casina della Madonna e la Grazia arrivava nel tempo dovuto.
Ricordo ancora la nascita d'sor'm' (mia sorella): venne la nonna e disse a noi bambini: jat' a cas' d' z-jan't' e stit'v' a lla`, nuj amma j a Madonn 'Urit, vuj nun n'c' putit' mni`, po'v' chjamam (andate a casa della zia e state li`, noi dobbiamo andare alla Madonna di Loreto, voi non potete venire, poi vi chiamiamo).

Dopo qualche ora, la nonna ci veniva a chiamare e con essa andavamo a casa: qui trovavamo la mamma a letto, con vicino un bimbo appena nato.
Torniamo alla festa... Il giorno della Madonna di Loreto portavamo in campagna kulac, trezz, pan 'ttell, canstrill (taralli, trecce, pagnottine e cestini con dentro un uovo sodo). Tutti questi dolci venivano preparati con gli stessi ingredienti: farina, zucchero, olio, lievito naturale, semi di finocchio, un po' di vino bianco.

L'impasto veniva lavorato a mano, ben bene; la mamma, poi, tagliava la pasta a tocchetti e ne ricavava tante striscioline, le allungava e dava la forma dovuta; i dolci vanivano messi nei roti e portati al forno, dove, in attesa del turno di infornatura, la mamma batteva un uovo in una tazza e, bagnandosi le dita in quel liquido arancione, ungeva, quasi accarezzando, quei dolci, ad uno ad uno.
Al ritorno dal forno c'era per le strade un fragrante profumo che inebriava i sensi e metteva voglia di mangiare quei dolci bollenti, lucidi, duri.

Il giorno della festa, dopo la messa, la gente, riversata sotto gli alberi, mangiava i dolci trasportati in fazzolettoni bianchi o colorati, legati a mo di borsa. Gli uomini, dopo il dolce, bevevano del vino, molti si ubriacavano e, accompagnando la processione sulla via del ritorno, cantavano a squarciagola e in modo stonato questa canzone:

Dio ti salvi o Maria piena di grazia il Signore e` teco benedetta tu sei
in fra le donne, benedetto il frutto del tuo seno, Gesu`!

Santa Maria, madre di Dio prega per noi peccatori adesso e nell'ora della nostra morte e cosi` sia, Gesu`-Maria

Riportati nella chiesa Madre i Santi, la popolazione tornava alle proprie case per consumare il pranzo, semplice, uguale: seppie ripiene con piselli oppure seppie ripiene con troccoli.
A sera, stanchi per il lungo cammino e rossi in viso per il primo sole primaverile, andavamo a letto e il sonno ci abbracciava velocemente."